PENSIERI A VOCE ALTA Ritorno a scuola, un evento da festeggiare di Maddalena Gissi
Mai come quest’anno le nostre scuole hanno bisogno, ma direi anche diritto, di vivere in modo festoso la ripresa delle loro attività. La pandemia purtroppo non può ancora dirsi vinta, ma l’andamento della campagna vaccinale, superate difficoltà e intoppi di una fase di avvio nella quale non sono mancati i problemi, accresce la speranza che se ne possa ridurre l’impatto, contenendone le conseguenze più gravi e riconsegnando al Paese, dopo un periodo lunghissimo di sofferenze e restrizioni, una normalità di vita di cui la scuola avverte in particolare la necessità.
Sin dall’esplodere dell’epidemia da coronavirus si è capito quali fossero i fattori decisivi su cui fondare un’azione efficace e in prospettiva vincente di resistenza e di contrasto alla diffusione del contagio: le indicazioni sorrette dalle competenze della comunità scientifica, l’adeguatezza delle scelte compiute nelle sedi di decisione politica e l’autorevolezza di quest’ultime, la responsabilità nei comportamenti individuali. Il tutto nella dimensione globale di una pandemia diffusa a livello planetario.
Avvertire e vivere più intensamente l’intreccio fra il proprio destino individuale e quello della comunità cui si appartiene dovrebbe essere una delle lezioni più importanti da trarre dall’esperienza vissuta in questi mesi lunghi, difficili e dolorosi. Speriamo che sia così, anche se non mancano segnali preoccupanti in direzione opposta, con cedimenti alla tentazione di tornare a uno status quo ante non sempre degno di apprezzamento. Col rispetto che abbiamo sempre avuto per le decisioni assunte da altre sigle, in un panorama sindacale così articolato e plurale come il nostro, non ci sembra per esempio un bel segnale quello dato con la proclamazione di uno sciopero nel primo giorno di lezione, mettendo insieme forzosamente una serie di motivazioni che ammantano l’intento realmente perseguito, quello di intercettare i malumori sollevati dalle disposizioni sul green pass (con connessi, immancabili risvolti sulle azioni di contenzioso legale che da sempre connotano in modo preminente l’attività della sigla che lo ha indetto). Perché si tratti di una decisione inopportuna l’ho detto in apertura di queste note: nel merito delle rivendicazioni, aggiungo che sono le stesse su cui le organizzazioni più rappresentative da tempo sono impegnate, non senza apprezzabili risultati, e continueranno ad impegnarsi, a partire dai tavoli di confronto attivati con la firma del protocollo sicurezza del 14 agosto. Né la ricerca ostentata dello scontro che sembra connotare molte prese di posizioni del presidente dell’ANP contribuisce a migliorare il clima, alimentando nella pubblica opinione una diffidenza e un’ostilità che il personale scolastico non merita nel modo più assoluto. Non è così che si favorisce quel contesto di serenità e pacatezza nel quale sarebbe oltretutto anche più facile affrontare e risolvere le criticità legate alla concreta gestione del green pass.
Abbiamo da subito denunciato come fosse sbagliato e anche un po’ fuorviante concentrare l’attenzione su questo tema (e ancor più su quello delle connesse sanzioni), trascurando altri fattori che incidono fortemente sulla possibilità di garantire uno svolgimento in sicurezza delle attività in presenza. Lo abbiamo detto in tutte le sedi e scritto a chiare lettere, come CISL Scuola e come CISL, con interventi in prima persona del segretario generale Luigi Sbarra. Ciò non ha mai significato, tuttavia, sostenere che il green pass sia misura inutile o inefficace: non sta a noi deciderlo, non ne abbiamo l’autorità e men che meno la competenza. Né avrebbe senso una posizione di rifiuto motivata da inadempienze o insufficienze riscontrabili su altri versanti: non regge l’argomentazione per cui una misura che aiuta a contenere la diffusione del contagio possa ritenersi non necessaria, solo perché da sola non sufficiente. Ragionamento assurdo, illogico e pericoloso.
Non si può, infine, definire “battaglia di libertà” quella di chi si oppone alla vaccinazione rivendicando al riguardo un proprio diritto soggettivo e assoluto di scelta (che in realtà lo stesso art. 32 della Costituzione non riconosce come tale), non esitando a paragonare le regole stabilite per legge, e le sanzioni in caso di inosservanza, ai provvedimenti liberticidi del ventennio. Che poi nel sostenere queste tesi ci si ritrovi in piazza, in nome dell’antifascismo, a fianco di chi professa un’esplicita nostalgia del fascismo e del nazismo aggiunge al quadro un tocco di paradossalità.
Si ha talvolta l’impressione che manchi una lucida consapevolezza del contesto in cui da quasi due anni ci si sta muovendo, con un’emergenza di dimensioni planetarie costata ad oggi milioni di morti e dal tremendo impatto sulle condizioni generali di vita, nell’immediato e in prospettiva. Arrestare il contagio, sconfiggere il virus, evitare che al disastro sanitario segua quello economico e sociale: questa la vera battaglia alla quale tutti dovremmo sentirci in dovere di contribuire. Non c’è da aggiungere proprio nulla alle parole che su questo hanno speso di recente il Presidente della Repubblica (a proposito di libertà e di responsabilità personale e collettiva) e papa Francesco (a proposito di amore per il prossimo): c’è solo da ascoltarle e farle proprie.